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Global Columns

Dalla Russia al Venezuela, quando la corruzione diventa 3.0

Angie G50

La Reppublica / Moisés Naím con traduzione da Luis E. Moriones

Sia il principe ereditario dell'Arabia Saudita Mohammed bin Salman che il presidente cinese Xi Jinping o lo zar Vladimir Putin hanno lanciato durissime campagne contro la corruzione. E altrettanto hanno fatto altri dittatori nel mondo. Numerose persone accusate di corruzione sono state condannate a morte e molte di più a pene detentive.

Non ci sono prove che la corruzione sia diminuita. Tutto indica, piuttosto, che queste campagne anticorruzione sono la scusa preferita dai governi autocratici per attaccare i loro oppositori. Ma mentre gli esempi di successo della lotta alla corruzione sono pochi, le sue mutazioni sono sempre più evidenti. Alla corruzione "normale" dobbiamo aggiungere la cleptocrazia e, a questa, gli Stati mafiosi.

La corruzione "normale" è transazionale. Si verifica quando una persona o un'organizzazione privata corrompe funzionari pubblici affinché una determinata transazione generi vantaggi indebiti per le persone coinvolte. È il vigile urbano che in cambio di denaro non fa una multa per eccesso di velocità, o l'imprenditore edile che paga una mazzetta al funzionario comunale affinché autorizzi un piano in più nell'edificio in costruzione, o l'appaltatore che promette al ministro il 10 per cento dell'importo del contratto se sarà scelta la sua offerta. Questa è la classica corruzione, versione 1.0, presente in quasi tutto il mondo, dall'Austria allo Zimbabwe. La corruzione classica fa male, naturalmente, e deve essere tenuta a bada. È una malattia cronica che indebolisce la società.

Purtroppo, in molti Paesi la corruzione va ben oltre. Si tratta delle nazioni governate da cleptocrati (dal greco: klepto rubare e kratos governo). È un sistema in cui il presidente, il premier o il monarca utilizza i fondi e le risorse della nazione come se fossero suoi e li distribuisce a membri della famiglia, prestanome e collaboratori, alleati politici e ufficiali militari. Abbiamo visto cleptocrazie nei cinque continenti: da Haiti di Baby Doc Duvalier al Kazakistan di Nursultan Nazarbaev. Molti cleptocrati mantengono il loro popolo nell'indigenza mentre rubano i beni della nazione. Ma non tutti.

Il contrasto classico è tra il sanguinario Mobutu Sese Seko dell'allora Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo) tra il 1965 e il 1997 e Suharto, il dittatore dell'Indonesia tra il 1967 e il 1998. Entrambi rimasero al potere più o meno per lo stesso periodo di tempo, e uno fu più ladro dell'altro. Ma Suharto permise all'Indonesia di svilupparsi, mentre Mobutu non lo fece. Il reddito reale pro capite degli indonesiani crebbe di 20 volte durante il governo di Suharto, mentre quello dei congolesi calò del 25 per cento negli stessi trent'anni.

Per quanto drammatica possa sembrarci la cleptocrazia, non è la principale minaccia della corruzione su larga scala. Alcuni Paesi si spingono oltre e diventano Stati mafiosi. In questo caso, la corruzione passa dall'essere una fonte di arricchimento illecito per i governanti all'essere usata come potente strumento politico. Nella Russia di Putin, nel Venezuela di Maduro, nell'Egitto di al Sisi, i governanti usano la corruzione come strumento per aumentare il loro potere nel Paese e nelle relazioni internazionali. Gli Stati mafiosi sono la massima espressione della corruzione 3.0. Non si tratta più di gruppi criminali che influenzano il governo, ma la sede della corruzione è il governo stesso.

Vladimir Putin, ad esempio, utilizza personaggi come Evgenij Prigozhin, capo del Gruppo Wagner, un esercito di mercenari, per fare il lavoro sporco del Cremlino in tutto il mondo. Dalle sue umili origini come cuoco del Cremlino - o a capo della società di catering - Prigozhin è cresciuto in potere e ricchezza a fianco del leader russo fino a diventare un complice chiave. Il tenebroso record di violazioni dei diritti umani perpetrate dal Gruppo Wagner non lascia altra scelta al cuoco di Putin che quella di continuare a sostenere il leader in perpetuo.

Quando parliamo di corruzione, quindi, è importante specificare di quale di questi tre livelli stiamo parlando. Perché tutti e tre sono dannosi, ma il secondo è più dannoso del primo e il terzo molto più del secondo. La corruzione operante su scala globale e gestita da governi autocratici a sostegno delle loro strategie geopolitiche è una minaccia di fronte alla quale il mondo non ha risposte efficaci. Bisogna riconoscere che la corruzione 3.0 non è solo un problema per giudici, pubblici ministeri e polizia. È una minaccia per le democrazie mondiali e per la sicurezza internazionale.

Twitter @moisesnaim
(Traduzione di Luis E. Moriones)